Cenni storici sui Pitti
Chi furono i Pitti
Il nome con cui sono conosciuti maggiormente sembra
derivare dal latino “PICTUS” (dipinto/verniciato)
appellativo con il quale i romani li avrebbero
soprannominati a causa della loro abitudine di pitturarsi
il corpo e i capelli con del gesso blu. Secondo alcune teorie
tutti i celti di Britannia avevano l’usanza di pitturare il
corpo di blu, secondo altre solo le popolazioni stanziate a
nord erano adepte a questa pratica. Per di più si pensa che
i Pitti praticassero addirittura la “perforatura” della pelle
tramite aghi, piuttosto che la semplice pittura, tatuando
sui loro corpi simboli blu. Isidoro di Siviglia scrive che i
Pitti facevano dei tagli sul loro corpo applicando del
pigmento e che queste cicatrici colorate avevano lo scopo
di dimostrare e ricordare il loro rango sociale all’interno
della comunità.Il nome gaelico dei Pitti fu Cruithni che
significa “la gente dei disegni”.
Si dice che non furono una tribù unitaria ma che al loro interno fossero divisi in altre 12 tribù. Fonti romane riportano l’identificazione di almeno due grandi famiglie quella dei Caledoni e quella dei Maeatae; i primi abitarono le Highlands scozzesi, i secondi la grande pianura.
I Pitti hanno rappresentato per molti secoli la furia ribelle di un popolo indipendente che ha rifiutato di essere sottoposto al giogo di Roma e di qualsiasi altro invasore. I romani, giunti in Britannia intorno al 55 a . c., riuscirono ad occupare le terre a sud dell’isola, più volte invece tentarono incursioni in Caledonia e spesso sconfissero i Pitti in battaglia ma non riuscirono mai a conquistare né loro né la loro splendida terra. Il fatto che Roma non riuscì mai a sottometterli e a raggiungere le terre del nord è dimostrato dalla costruzione del famoso Vallo di Adriano, 80 miglia di cinta muraria che i romani costruirono da costa a costa per separare il mondo a loro conosciuto da quello sconosciuto e selvaggio dei barbari.Il vallo di Adriano, la cui costruzione iniziò nel 122 d. c. ,tagliava nettamente la Britannia in due parti, dividendo il nord dal sud.
Le fonti indirette ci dicono che i Pitti vissero raccogliendo
frutti e bacche dalle loro foreste abbondanti e che furono
coltivatori, allevatori, cacciatori, pescatori e soprattutto
guerrieri tenaci, valorosi e feroci, abili in battaglia e
maestri nell’ uso dell’arco. Nei resoconti di alcuni romani
che avevano combattuto contro di loro venivano descritti
come genti dall’alta statura, con capelli gialli o rossi e pelle
bianchissima. Leggendariamente qualcuno scrisse che i
loro occhi erano dotati di una luce particolare e che per
questo erano capaci di vedere nel buio come alla luce del
giorno. Ma in realtà nessuna fonte è propriamente
attendibile per quanto concerne i loro tratti caratteristici.
Hanno inoltre lasciato un’eredità notevole nelle sculture
di pietra, nella lavorazione del metallo e nelle
fortificazioni denominate “BROCHS” (torri circolari in
pietra) disseminate sugli altipiani. Per questi motivi
vengono ricordati come grandi artisti la cui influenza ha
segnato il territorio scozzese in modo indelebile.
I Pitti furono come detto in precedenza una società matrilineare, per cui la successione alla guida avveniva attraverso la linea femminile. Ciò è ben dimostrato dal “Pictish Chronicle” dove i nomi dei re menzionati dimostrano che a ciascun re pitto non succedeva il proprio figlio ma i fratelli, i nipoti, i cugini o qualcuno che raggiungeva il trono sposando la femmina adatta.
La cultura dei Pitti e la loro indole non si sono estinte ma si sono mischiate pian piano a quelle delle popolazioni gaeliche. Sempre il “Pictish Chronicle” ci aiuta a sostenere questa tesi in quanto nella lista dei re l’ultimo menzionato è Kenneth MC Alpin di Scotia (847 d.c.), il quale dette al suo regno il nome di Alba e fondò la dinastia scozzese. Ciò dimostra che alla fine i Pitti furono assorbiti dagli Scotii e le due tribù un tempo separate formarono una nazione unitaria.
Molto probabilmente sia i Pitti che gli Scotii furono convertiti al Cristianesimo fra 1l IV e il VI secolo d.c., a dimostrarlo alcune incisioni su pietra che si rifanno al simbolismo cristiano.
La lingua dei Pitti
La lingua dei Pitti, denominata Pictish, è un mistero, non c’è fonte scritta e ciò che resta
sono le iscrizioni Ogham sui monumenti di pietra e liste di nomi propri contenuti
soprattutto nel “Pictish Chronicle”, alcuni dei quali sembrano avere poco a che fare con il
celtico tradizionale. Anche a questo proposito gli studi sono vari come le conseguenti
interpretazioni. Lo scrittore Adamnan racconta che l’abate irlandese Columba
(554-584 d .c. ) recatosi presso LochNess dal re pitto Brude di McMaelcon ebbe bisogno di un
traduttore per poter parlare con lui, spingendoci così a pensare che si trattasse di una
lingua a se, diversa dal gaelico. Il monaco inglese Bede sostenne che si trattava di una
lingua scitica, uno scrittore del XIX secolo pensò che fosse invece una lingua non celtica
di origine basca, altri ancora hanno sostenuto che si trattava di un antenato del vecchio
scozzese. La maggior parte degli studiosi di oggi (nuova scuola) considerano il Pictish
lingua celtica ma del ramo della lingua gallese piuttosto che del gaelico scozzese.
Nel 1955 Kenneth Jackson propose una teoria secondo cui i Pitti avrebbero usato
simultaneamente due lingue : una celtica, diffusa nella vita giornaliera e una non-celtica,
riservata ai contesti religiosi e cerimoniali. La nuova scuola sostiene, a differenza della
vecchia, che il Pictish è sicuramente un linguaggio celtico derivato da una lingua
ancestrale chiamata “Pritenic” (antenato della lingua gallese). Così inteso il Pictish risulta
una lingua pre-celtica basata su una struttura linguistica di Brythonic (di cui appunto fa
parte anche il gallese). Successivamente il Pictish si è estinto ed è stato inglobato dal
gaelico scozzese.
Tra leggenda e realtà
La leggenda (per altro contenuta nella prima parte del Pictish Chronicle) narra di
Cruithne figlio di Cinge, padre dei Pitti e loro primo re che regnò sulla Caledonia per
ben 100 anni. Sembra che dal nome di questo primo re sia fatto derivare il nome
gaelico dei Pitti che fu appunto “Cruithni”. Egli ebbe sette figli i cui nomi vennero
usati per denominare le sette province in cui fu suddiviso il Pictland . Questi nomi
furono FIB – FIDACH – FOLTLAIG – FORTRENN – CAITT – CE – CIRCENN e per
tradizione corrisponderebbero alle sette province scozzesi. Nonostante questi re
siano molto probabilmente immaginari non tutto è leggenda, in quanto il territorio
dei Pitti fu realmente suddiviso in sette province. Il numero sette sembra avere
avuto un’importanza particolare presso il popolo Pitto, un significato magico o
addirittura mistico e la motivazione può essere rintracciata proprio in questa
leggenda.
Assolutamente immaginaria è invece la leggenda scozzese secondo cui il popolo
fatato che abitava le terre di Scozia altro non era che quello dei Pitti, abitanti
originari di Caledonia. Poiché alcuni ricordano i Pitti come ladri e guerrieri
sanguinari, è facile immaginare perché la natura di questi folletti è stata
considerata maligna. La leggenda ritiene che questi folletti o troll fossero dotati di
grandi poteri , per questo la gente del luogo eseguiva riti propiziatori per ingraziarsi
i loro favori e spesso faceva loro riferimento chiamandoli con nomi adulatori come
ad esempio “Buoni Vicini”. Anche alcuni scrittori scandinavi nei loro racconti
hanno citato i Pitti riferendosi a loro come qualcosa di simile ai folletti, esseri
piccoli e pelosi che abitavano le terre di scozia e le isole Orkney.
L’eredità dei Pitti
I Pitti hanno lasciato al mondo una grande eredità attraverso la lavorazione del metallo e sopratutto delle Pietre. L’ uso e il significato delle pietre dritte che essi intagliavano è ancora un mistero, forse servivano a ricordare le gesta di eroi o eventi importanti, oppure a commemorare alleanze politiche fra le varie famiglie o ancora venivano usate come indicatori territoriali. Le pietre più antiche del periodo pre-cristiano erano incise con simboli pagani mentre quelle di età più tarda presentavano segni della simbologia cristiana, dimostrando che vi fu una conversione dei Pitti al Cristianesimo. In genere queste pietre vengono suddivise in tre differenti categorie a seconda del tipo di intaglio. Quelle della prima categoria appaiono più informi incise semplicemente su un lato, quelle della seconda categoria presentano ornamenti in bassorilievo su entrambi i lati, infine quelli della terza categoria si distinguono per l’iconografia cristiana.
I simboli rappresentati sulle pietre più antiche raffigurano animali, come i
cervi e i tori, pesci come il salmone o uccelli come il falco e l’aquila. Altri
simboli sono di natura astratta, quelli più comuni raffigurano un doppio
disco e una mezzaluna, altri ancora rappresentano oggetti pratici come lo
specchio, il pettine, la spada, l’ incudine e il calderone. Questi oggetti pratici
sappiamo che venivano posti nei luoghi di sepoltura durante l’età del ferro.
Tutti i simboli ritratti sulle pietre avevano valore di talismani e lo dimostra il
fatto che sono stati ritrovati dei monili rappresentanti queste figure. Le pietre
più lavorate costituiscono una fonte importante relativa agli usi e alle
tradizioni di questa stirpe, infatti raffigurano scene di battaglia e di caccia,
momenti cerimoniali, sacrifici e scene di vita quotidiana. La lettura della
simbologia risalente al periodo pre-cristiano ha dimostrato che i Pitti
credevano in un pantheon di Dei ai quali facevano sacrifici perché
vegliassero i pozzi, gli alberi, i fiumi, le rocce, le foreste, i laghi e le montagne.
Inoltre si è dedotto che rispettarono la terra come madre di vita e che la
natura considerata sacra fu associata con le figure di animali totemici.
Altra importante eredità che questa popolazione ha lasciato dietro di sé è
rappresentata dai Brochs, costruzioni circolari in pietra, molto diffuse nello
Shetlands e nelle isole Orkney. Queste costruzioni erano torrette dalla forma circolare, con una sola entrata, formate da due pareti concentriche di pietre. Le più antiche sembrano appartenere al 300 a .c. Inizialmente si era pensato, vista la loro struttura e la loro posizione, che potesse trattarsi di fortificazioni con scopo difensivo. Un’altra teoria più recente ha invece affermato che i Brochs erano troppo piccoli per avere funzione difensiva e avrebbero potuto accogliere solo un piccolissimo numero di persone. Si è pensato così, data la loro posizione vicino alla terra fertile, che fossero abitazioni private dei capi locali, una specie di status symbol attraverso cui mostrare la loro potenza e la loro ricchezza. Attorno ai Brochs si sarebbero poi sviluppati i vari villaggi. Queste costruzioni sono la testimonianza di una spiccata abilità architettonica.
Resoconto storico ad opera di Martha